Comunicazione Inclusiva: opportunità etiche e di business per i Brand

Questo periodo, senza eguali nella storia contemporanea, invita tutti a fare una profonda riflessione sul concetto di diversità. La pandemia da Covid-19 e le conseguenti misure sanitarie preventive anti-contagio, hanno sottoposto tutta la popolazione a rivoluzionare, in modo incisivo, le abitudini nella convivialità e non solo. L’obbligo di adottare una distanza fisica ha determinato conseguenze anche sul piano emotivo e sociale, esasperando spesso paure e fragilità. Questa cornice ha ampliato la forbice della disparità sociale, rendendo ancor più ricchi i ricchi e ancor più poveri i poveri. Ciò che ne sta conseguendo è che una grande fetta di popolazione – quella alla quale, anche nella vecchia normalità, troppo poco spesso si pensava – viene esposta ad una perdita ancor più gravosa. Mai come prima d’oggi si rende non più utile ma indispensabile che tutte le politiche sociali, ambientali, aziendali, istituzionali siano volte a promuovere e garantire una comunicazione inclusiva. Nessuno di noi è uguale. Tutti siamo diversi. Ed è proprio la diversità il più grande motore dell’innovazione e del miglioramento continuo. La diversità rende il mondo eterogeneo e interessante, sebbene qualche volta possa spaventare perché ciò che non è simile a noi spesso ci è sconosciuto.

Quanto detto è intrinsecamente racchiuso anche all’interno del principio di uguaglianza, nell’art. 3 della nostra Costituzione. Il compito della Repubblica non è quello di fornire uguali strumenti a persone diverse bensì quello di rendere loro disponibili strumenti diversi. Il fine ultimo è proprio quello di

rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

art. 3, Costituzione Italiana

Argomenti del post

  • I diversi aspetti della Diversità
  • Come rendere la Comunicazione inclusiva?

I diversi aspetti della Diversità

La diversità è una qualità dai contorni incerti. Rappresenta più un concetto che un parametro oggettivo. La definizione stessa dà vita alle più disparate interpretazioni. La diversità sintetizza l’esistenza di differenti tipi di cose o persone incluse in qualcosa. Esistono ad esempio diverse religioni incluse nell’insieme delle “credenze religiose”. La diversità racchiude quindi al suo interno il concetto stesso di inclusione. Quella di origine biologica, genetica, culturale e sessuale è comunemente ritenuta vantaggiosa per la sopravvivenza stessa della specie. La diversità quindi, può essere vista sotto diversi aspetti: genere, età, origine etnica, disabilità, convinzioni religiose o di altro tipo, orientamento sessuale, nazionalità. I dati a riguardo sono incredibili. A pensarci bene, i “diversi” per natura o per scelta, sembrano essere molto più numerosi delle persone “standardizzate”.

Durante il Diversity Brand Summit 2019, sono stati forniti un insieme di dati riguardanti il contesto italiano, utili a comprendere la portata del fenomeno “diversità“. Il video che segue, realizzato da Diversitylab, contiene un breve estratto del Summit.

Il contesto italiano – Diversity Brand Summit 2019

Come rendere inclusiva la Comunicazione?

La risposta alla domanda, titolo di questo paragrafo, trova espressione nell’aforisma:

un lungo viaggio inizia sempre con un piccolo passo

di Laozi (Lao Tzu)

E’ nella possibilità di ognuno di noi compiere azioni volte a rendere la società maggiormente inclusiva. Una sola piccola azione può fare una grande differenza e, come effetto domino, può determinare il verificarsi a cascata di tutto un insieme di azioni successive.

In questa cornice, le aziende hanno una grande responsabilità: internalizzare e veicolare il concetto di inclusività.

Prima di questa pandemia, le attività sui temi chiamati in causa erano relegate alla divisione della CSM – Corporate Social Responsibility -. I manager di questa ASA alimentavano la cultura inclusiva lavorando quasi esclusivamente sulla comunicazione interna all’azienda. Svolgevano così attività legate prevalentemente alle HR policy, ai percorsi di coaching e al coinvolgimento dei dipendenti. Questo però non bastò più. Si comprese che il tema dell’inclusione non doveva e non poteva essere reclusa a uno di quei punti presenti all’interno della “to do list. Non poteva rappresentare semplicemente un’attività volta a dimostrare, attraverso la redazione e pubblicazione di bilanci sociali, l’impegno dell’impresa nell’impresa altrui. Così quando le aziende iniziarono a chiedersi quale fosse il modo migliore per raggiungere il target emergente – i Millennials -, i colleghi della sezione marketing presero a frequentare meeting dedicati ai temi sociali.

Si comprese che l’inclusività, una volta implementata all’interno dell’organizzazione, doveva trovare coerenza nella comunicazione rivolta anche agli stakeholders esteri all’azienda. Il coinvolgimento dell’azienda in attività solidali influenzava la brand reputation e ancor di più si comprese come queste attività portassero ad un’effettiva monetizzazione misurabile attraverso opportune KPI. L’aspetto etico del business non era più accessorio ma era un driver fondamentale per ottenere un vantaggio competitivo e guadagnare il consenso della successiva Generazione Z, esigente e disposta a comprare solo da chi sa stare sul mercato in modo equo, trasparente e responsabile.

L’attività di marketing e comunicazione deve quindi trasmettere i valori dell’impresa e deve rivolgersi non solo ai clienti ma anche a chi avverte la necessità di riconoscersi in un brand. Le imprese hanno il compito di rispondere ai bisogni degli individui, offrendo loro i prodotti/servizi richiesti e soddisfacendo il bisogno di appartenenza ad una comunità.

Adesso le scelte d’acquisto compiute dai clienti non si fondano solo sul prodotto poiché il valore dell’inclusione genera valore aziendale.

Il Diversity Brand Index 2020 evidenzia come, da una ricerca condotta da Diversitylab nel periodo gennaio-dicembre 2019, il 63% della popolazione oggi sceglie brand inclusivi.

Il Net Promoter Score (NPS) evidenzia come il tema dell’inclusione rappresenta una scelta valoriale che comporta una direzione di scelta d’acquisto. I brand che investono sulla diversity & inclusion mostrano una possibilità di profitto maggiore in media del 23% in più rispetto ai brand percepiti come non inclusivi. Inoltre, la scelta da parte delle imprese di farsi promotori di temi sociali genera un impatto maggiore (+89,8%), derivante da un word-of-mouth positivo, rispetto a quanto registrato per i brand non inclusivi (-86%). Ciò si traduce in un miglioramento della brand image e brand reputation.

Su 50 marchi analizzati, quelli ritenuti maggiormente inclusivi dagli intervistati appartengono al mondo del Retail, dei Servizi al Cliente e del Fast-Moving Consumer Goods.

Per tale ragione, da un lato, lo sviluppo di una brand relevance rende più forte un messaggio sociale di inclusione e determina il posizionamento della marca nel sistema percettivo del pubblico. Dall’altro lato, le aziende attraverso la propria comunicazione interna ed esterna, assumono una grande responsabilità: attraverso il patrimonio di valori trasmessi, corrono il rischio di tagliare fuori una fetta di pubblico.

Conclusioni…

Alle 4P di Kotler, sulla quale si sono basate per lungo tempo le strategie di marketing di tutte le imprese, se ne affianca una quinta: la Purpose. Le imprese sono tenute a definire una Proposta di Valore per il cliente e a tradurre quest’ultima a livello operativo. Ogni singola azione compiuta deve comunicare, all’interno e all’esterno dell’azienda, sensibilità, attenzione, precisione e cura.

I brand hanno il compito di diffondere la cultura dell’inclusione approcciandosi a tale compito non solo come una scelta di business – diretta ad ottenere il consenso della Generazione Z – ma anche una scelta etica poiché il benessere economico richiede in modo imprescindibile una benessere sociale attuale e delle generazioni future.

E secondo te quali azioni può compiere un Brand per realizzare una comunicazione inclusiva? Conosci qualche azienda che ha adottato a riguardo una strategia di successo?

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