Giornata nazionale del Braille: le 4 strategie vincenti di Comunicazione inclusiva

braille e comunicazione inclusiva aziendale

La giornata nazionale del Braille, istituita con la legge n. 126/2007 e celebrata il 21 febbraio, rappresenta un momento di profonda sensibilizzazione verso i temi della Diversity. Da marketers, abbiamo ritenuto stimolante oltreché quasi doveroso in questa giornata speciale, analizzare le migliori strategie di Comunicazione Inclusiva adottate da multinazionali come The Coca-Cola Company, Lego, Amazon e Procter&Gamble volte a parlare al pubblico dei non vedenti attraverso il prezioso strumento dell’alfabeto Braille.

La giornata nazionale del Braille è una ricorrenza istituita con la legge n. 126/2007. Si celebra annualmente il 21 febbraio, quale momento di sensibilizzazione dell’opinione pubblica nei confronti delle persone non vedenti.

In occasione di tale giornata, sono diverse le realtà aziendali che promuovono iniziative volte ad evidenziare l’importanza che il metodo di scrittura ideato da Louis Braille riveste nella vita delle persone non vedenti. Il potere di un’azienda globale di raggiungere un numero molto grande di persone non dovrebbe infatti essere sprecato, perché può permette di aumentare la sensibilità del pubblico su temi come la disabilità e contribuire, di conseguenza, a facilitare l’inclusione e a promuovere una maggiore autonomia e affermazione di queste persone nella società.

“The Smile Can” di Coca-Cola, l’edizione limitata di lattine con messaggi in Braille

«Se c’è qualcosa che quest’anno ci ha insegnato è che si può sempre trovare un modo diverso. Anche per sorridere».

Questo è il messaggio lanciato nello spot di presentazione dell’iniziativa pensata per strappare un sorriso anche a chi non può percepirlo attraverso la vista. In occasione del centenario dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti (IUCI),  the Coca-Cola Company lancia “The Smile Can“, un’iniziativa che sfrutta il packaging del prodotto per «dedicare un momento di divertimento» alle persone cieche o ipovedenti e per sensibilizzare sull’importanza del linguaggio Braille.

Coca-Cola ricorda anche come la pandemia abbia segnato negativamente la vita di molte persone in tutto il mondo. Anche nel corso dell’emergenza sanitaria il brand ha cercato di diffondere un messaggio positivo e ottimista, in linea con la mission Coca-Cola: diffondere il concetto di felicità, attraverso progetti che promuovono l’inclusione e il superamento delle barriere, valorizzando le diversità e puntando a cogliere le opportunità dalla nuova normalità.

Nello spot  viene presentata la reazione di persone cieche e ipovedenti al tatto e alla lettura dei messaggi divertenti scritti in codice Braille su cinque modelli di lattine distribuite in edizione limitata.

«Questa iniziativa esprime qualcosa che noi promuoviamo da tempo, perché vuole coniugare la sensibilizzazione sui temi della disabilità visiva con la leggerezza di un sorriso», ha spiegato Mario Barbuto, presidente dell’UICI, nel corso di un’intervista pubblicata sul canale YouTube di Coca Cola, sottolineando, come simili iniziative dovrebbero essere portate avanti anche da altre marche.

I mattoncini LEGO e il Braille code

Il valore educativo ed istruttivo del sorriso e del gioco lo conoscono bene quelli di Lego, che hanno realizzato i Lego Braille Bricks. Un kit di mattoncini, creati da Fondazione Lego (prodotti per ora in tredici lingue) e distribuiti dalla Federazione Nazionale Istituti Pro Ciechi sviluppato con i classici puntini a rilievo del linguaggio per ipovedenti, appositamente studiato per insegnare il linguaggio Braille ai bambini, non necessariamente solo a quelli non vendenti ma anche ai loro amici, attraverso attività di gioco. 

Su ogni mattoncino sono stati disposti i sei “bottoni” per l’incastro dei pezzi in maniera da rappresentare le lettere e i numeri dei 6 punti del codice di scrittura e lettura Braille. Un progetto che ha coinvolto 20 Paesi tra cui l’Italia e che è rivolto a tutti i bambini vedenti nell’ottica di una didattica inclusiva.

P&G e Amazon contro il Package rage

Il packaging ha un impatto non solo economico, ma sociale: è ancor più importante se si considerano le fasce di popolazione con difficoltà o limitazioni fisiche per le quali una semplice scatola, può essere davvero impossibile da aprire, o una semplice etichetta con la data di scadenza può essere del tutto illeggibile se non, peggio ancora, addirittura invisibile.

Nella “Carta etica del packaging” si legge che

Un imballaggio deve essere accessibile, ovvero capace di proporsi in modo facile e intuitivo a chi lo utilizza, garantendo “un utilizzo flessibile, che includa mancini e destrorsi” e deve essere in grado di comunicare “in modo efficace anche ai soggetti più deboli e indipendentemente dalle abilità sensoriali degli utenti. […] Le modalità sensoriali della vista e del tatto, e la loro qualità, contribuiscono attivamente a rendere il packaging accessibile in ogni sua componente: accessibile grazie al trattamento grafico dei testi che ne garantisce la leggibilità; accessibile poiché l’organizzazione spaziale e l’impaginazione assicurano una facile reperibilità delle informazioni. È accessibile poiché offre un’interazione immediata che ne permette l’utilizzo”.

Quindi al di là di contenere, proteggere, conservare, presentare e, quindi vendere, il packaging deve essere la porta di accesso al prodotto, e non un ostacolo.
Contro il package rage, o frustrazione da imballaggio, Amazon è stata tra le prime aziende a prendere provvedimenti, per motivi sia sociali sia per mere necessità pratiche di ottimizzazione della logistica, dei costi di inscatolamento e spedizione, e di smaltimento. Amazon ha infatti imposto ai fornitori statunitensi le scatole certified frustration free packaging: solo cartone ecologico, poca plastica, pochi scomparti, insomma l’essenziale senza l’imballo originale ad apertura immediata e garantita.

Anche Procter&Gamble con le Dash Pods ha semplificato il bucato per tutti. Sumaira Latif, leader globale di Inclusive Design, affetta in prima persona da una rara patologia genetica che l’ha resa ipovedente racconta che:

“le persone con problemi di cognizione, visione o destrezza trovano semplice mettere la capsula direttamente nella lavatrice, prima di mettervi i loro capi. Prima era più difficile per molte persone misurare con precisione il detersivo“.

P&G ha introdotto sulle bottiglie di Herbal Essences Bio Renew piccole linee verticali per riconoscere lo shampoo, due linee di puntini orizzontali per identificare il balsamo, con un sistema che risulta accessibile anche a chi non conosce il codice braille, un alfabeto che di fatto può richiedere anni di studio.

Herbal Essences e ClearBlue sono integrati con l’app Be My Eyes, che consente ai consumatori ipovedenti di videochiamare l’azienda per consigli sui capelli e letture dei test di gravidanza sfruttando la tecnologia Alexa di Amazon. Inoltre, il sito e il profilo Instagram del brand sfruttano Apple Voice Over per consentire agli utenti di ascoltare le descrizioni delle immagini nel feed. Ma esistono altri semplici trucchi più tradizionali che possono essere usati: si va dall’uso di imballaggi di forma quadrata, poiché quelli rotondi tendono a rotolare via e sono quindi difficili da trovare per i non vedenti, ai tappi con chiusura a scatto o magnetica.

Conclusioni

L’inclusione? Non è un gioco. Neanche se l’occasione per parlarne sono dei mattoncini Lego, delle lattine di Coca-Cola, delle scatole da imballaggio spedite da Amazon o delle capsule di detersivo o bottiglie di shampoo prodotte da Procter&Gamble. È infatti molto seria la scelta di numerosi brand del settore di realizzare prodotti inclusivi. Talmente seria che esiste un Diversity Brand Index che sensibilizza le aziende riguardo all’importanza economico-etica e di immagine, della comunicazione inclusiva.

Così come enunciato dai dieci principi contenuti nel Manifesto della comunicazione non ostile e inclusiva – volti a superare differenze, pregiudizi incomprensione -, la maggiore conquista per ciascun individuo, anche per i cosiddetti “normodotati”, è quella di potersi affermare come persona, di sentirsi bene nei propri panni e di stare bene, in quei panni, insieme agli altri.

Manifesto della comunicazione non ostile e inclusiva

È per questo che i brand che prestano attenzione a questa necessità di accettazione ed inclusione vengono premiati dai consumatori – basta pensare che il 63% dei consumatori sceglie brand che investono su inclusività e diversità -.

Tanta strada è stata compiuta a favore dell’inclusività e molta strada c’è ancora da fare anche sotto il profilo dell’informazione agli utenti. Le scritte in Braille dovrebbero ad esempio essere apposte su un numero crescente di categorie merceologiche di prodotto, come è stato nel caso dei giochi, dei detersivi, delle bevande e degli imballaggi.

Per approfondimenti: