EMOTIONAL STORYTELLING: raccontare la storia attraverso le emozioni

Quando parliamo di storytelling ci riferiamo ad un modo di comunicare e raccontare storie che ci connettono agli altri e che suscitano emozioni.

raccontare emozioni
Raccontare Emozioni

Mi sono a lungo chiesta quale fosse il modo migliore per raccontare la storia; la tua storia come professionista o la tua storia come impresa; quella storia che verrà sintetizzata nel tuo brand. Perché in una economia fondata sul consumismo, a dare impulso alle nostre azioni non sono più i bisogni, ma i desideri. I bisogni fisiologici (di respiro, alimentazione, sesso, sonno e omeostasi), posti alla base della piramide dei bisogni di Maslow, risultano essere già stati soddisfatti per larga percentuale di popolazione nelle civiltà più avanzate. L’appagamento di tali bisogni primari di sopravvivenza, lascia spazio ad una spinta motivale diretta a voler dare risoluzione ad altri bisogni più immateriali, quali quelli di sicurezza, di appartenenza, di stima e di autorealizzazione.

Oggi è importante parlare di emotional storytelling per il business perché spesso la narrazione vince sulla funzionalità, l’emozione vince sull’utilità. Non che questi ultimi aspetti non siano importanti: semplicemente a fare la differenza è il grado di immedesimazione. Perché ognuno di noi, quando viene colpito da una storia di business, vede in un prodotto un aspetto di se stesso, riconosce una propria esperienza e quindi si identifica. Questo processo di immedesimazione coinvolge quindi i valori in cui crediamo.

Eh si, dobbiamo proprio ammetterlo! Viviamo in un momento storico in cui tutti siamo spinti a soddisfare le proprie pulsioni, spinti a dare seguito ai propri istinti. È così che il racconto del nostro brand supera di gran lunga le barriere di prezzo. Quali immani imprese, il nostro cuore, ci ha spinto ad affrontare? Forse quelle stesse imprese che, razionalmente, non avremmo neanche considerato. Quel racconto, quella storia, deve essere convincente per spingere le persone a seguirti, anche se non sei nessuno. Così come da piccoli si rimaneva incantati dalle favole, da da adolescenti ci si affidava alle canzoni degli idoli musicali, da consumatori continuiamo ad affidarci a chi ci racconta la storia più convincente, ovvero quella in cui ci riconosciamo, come bambini cresciuti, adolescenti rockettari e nuovi consumatori.

Si rimane così coinvolti in quelle storie che arrivano al cuore, quelle storie nelle quali ci riconosciamo. Così, gli anni di esperienza vissuta da te professionista o da te impresa, diventano capitale narrativo da utilizzare per fare storytelling, per raccontare emozioni. La tecnologia ti fornisce la preziosa possibilità di utilizzare innumerevoli strumenti digitali per comunicare il tuo brand attraverso rappresentazioni testuali, visive e sonore. Attraverso queste rappresentazioni sorge nelle persone quel senso di appartenenza; attraverso lo storytelling ci connettiamo gli uni agli altri.

Molte aziende hanno capito che l’emotional storytelling è diventato un asset strategico nel business. Per questo motivo, non basta raccontare storie ma bisogna raccontare storie da “effetto wow”. Fare storytelling però non vuol dire pensare a cosa ti emoziona, ma cosa emoziona il tuo pubblico. Non è detto che una storia che in te suscita sensazioni emozionanti, sia altrettanto importante da chi la ascolta. Troppo spesso le aziende hanno ragionato in questo modo: “se piace a noi piace anche agli altri” oppure “è impossibile che questo non piaccia”. Il mondo è fatto di opinioni, sensazioni, punti di vista così diversi che non si può più cadere nella trappola del qualunquismo.

Andrea Fontana, docente presso l’Università di Pavia è uno dei massimi esperti di Storytelling per le aziende, parla di “Storie che incantano”, proprio perché l’incanto serve per distinguersi nei mercati dove c’è già tanta concorrenza.

Ogni impresa, attraverso la comunicazione, può voler suscitare emozioni diverse; dalla gioia alla gratitudine, dal divertimento alla speranza, dalla meraviglia all’ispirazione, dall’amore alla simpatia.

Vediamo la campagna pubblicitaria lanciata due anni fa da idealista.it, targata #“Oh My God!” e basata sull’emotional storytelling. Per 3 settimane ci hanno fatto rivivere la storia d’amore tra Maria e Giuseppe in 7 divertenti episodi. Una giovane coppia, un bambino in arrivo e una casa da cercare. Giuseppe e Maria riusciranno a trovare la casa giusta?

La campagna “Oh My God!” di idealista a Natale – L’incontro
Annuncio pubblicitario del 18 dicembre – no ascensore
Annuncio pubblicitario del 21 dicembre – la nascita di Gesù
Annuncio pubblicitario del 25 dicembre – no garage
Annuncio pubblicitario del 28 dicembre – sushi
Annuncio pubblicitario del 1 gennaio – no cantina
Annuncio pubblicitario del 4 gennaio – selfie

L’attuale contesto dinamico nel quale viviamo, volto a distruggere il vecchio e a creare infinite volte sempre qualcosa di nuovo, volto a sorprenderci e a spingerci a competere in una corsa verso la sperimentazione, merita di essere considerato. Le migliori attività di storytelling sono quindi quelle che seguono le tendenze di mercato, che comunicano ciò che il proprio pubblico vuole sentirsi dire, rimanendo però sempre fedeli alla propria anima aziendale.

È indispensabile capire cosa emoziona il tuo pubblico. Sappiamo che, prima di un prodotto, il tuo pubblico cerca emozioni. Vi sono due casi che meritano di essere menzionati proprio per la loro incredibile capacità di coinvolgere la loro audience attraverso un’efficace azione di emotional storytelling. Facciamo riferimento alle due aziende automobilistiche Volkswagen e Volvo e alla innovativa PHILIPS.

Il tuo può essere un racconto di perdita, che è un concetto alla base delle storie di salvezza, dove l’obiettivo è quello di trasmettere speranza. Da una situazione di buio alla luce, sono le narrazioni di liberazione, riparo e difesa. È il caso dello spot Edeka del 2015, una catena tedesca di supermercati che ha fatto molto parlare di sé.

Questo spot racconta la storia di una rinascita, da una situazione di tristezza ad una di speranza, come la gioia dello stare insieme, soprattutto a Natale. Non c’è narrazione attraverso la forma testuale, solo una storia, scene e musica. Il brand compare solo alla fine con il logo a chiusura dello spot. È un crescendo di emozioni, dove la salvezza è collettiva, coinvolge tutta la famiglia, così come la nostra. Guarderemo con occhi diversi il giorno di Natale e quando ci capiterà di pensare a quel logo comparso alla fine, ci verrà in mente una storia di speranza.

Così, in un mondo in cui le storie di business e di prodotto non sono lineari (ci sono novità, opportunità e trend sempre nuovi), ad emergere sono coloro che offrono i contenuti più belli, cioè più emozionanti.

La nostra creatività nel promuovere contenuti di qualità, insieme alla capacità di entrare in empatia con il nostro pubblico sono di certo doti che possono fare la differenza realizzando un’attività di storytelling di successo.

Cosa ne pensi a riguardo? Conosci altri casi di emotional storytelling di successo? Ogni Condivisione di conoscenza è sempre ben accolta. Lascia un commento al post.